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Prima di copertina della rivista

PRESENTAZIONE DEL ROMANZO "LE INDAGINI DI GIOVANNI MARCO CITTADINO ROMANO" SULLA RIVISTA "VERNICE" n. 37/38 anno XIII

 

Con questo romanzo Guido Pagliarino entra nel campo della cosiddetta teologia narrativa, che trova importanti esempi in tutta la storia della letteratura: per l’Occidente, nell’Antico e nel Nuovo Testamento e, in quest’ultimo, nel libro lucano, con cui il racconto di Pagliarino ha collegamenti, Atti degli Apostoli, un esempio di teologia narrativa e insieme di teologia discorsiva, che Luca fa esprimere dai suoi personaggi nelle loro conversazioni, come Pagliarino nel proprio romanzo. Non si tratta però soltanto di libri biblici, troviamo illustri esempi di teologia narrativa, per citare pochissimi autori fra i molti, ne Le Confessioni di Agostino e, saltando a piè pari una quindicina di secoli (Bonaventura… Kierkegaard… Newman…), nel romanzo del 1905 Il santo di Antonio Fogazzaro, a suo tempo posto all’Indice, che proponeva importanti temi teologici in forma narrativa, costituendo un episodio importante della gran vertenza, poi rientrata col concilio Vaticano II, sul cosiddetto Modernismo. D’altra parte, così come troviamo nella Bibbia tanti casi di narrazione teologica, tal forma letteraria non può di certo mancare in opere di scrittori ebrei, anche contemporanei, ad esempio in quelle di Elie Diesel, deportato adolescente ad Auschwitz e Buchenvwald e sopravvissuto, per poi testimoniare la propria esperienza (come Primo Levi) nel romanzo autobiografico d’esordio La Notte del 1958, in cui esprime riflessioni penetranti sull'esistenza di Dio, come ancora farà nei lavori successivi; ma se vogliamo, possiamo trovare teologia nelle stesse narrazioni di Franz Kafka che affronta con angoscia l’argomento del male contrapposto al Bene e per il quale, tra le letture possibili, il medesimo male è quanto svia dal Bene affinché l’essere umano sia messo alla prova, mentre il Bene, cioè il Dio biblico, resta del tutto silente attendendo che la persona si purifichi nel crogiolo della sofferenza, in primis quella dell’angoscia. Protagonista del romanzo di Pagliarino è il giovane Marco, il futuro autore del Vangelo di Gesú Cristo Figlio di Dio, anzi l’inventore del genere letterario del tutto originale vangelo: Nel 28 d.C. Gionata Paolo, padre di Marco, è ucciso quando questi ha tredici anni, durante un viaggio d’affari alla città di Perge. Il ragazzo vorrebbe cercarne gli assassini ma ne è trattenuto dal divieto della madre, Maria la vedova, che non vuole che il suo unico, giovanissimo figlio rischi inutilmente la vita. La borsa del morto non è stata sottratta, difficile quindi pensare a un omicidio per rapina. Queste le domande che Marco si pone: Immorale concorrenza negli affari sino all’omicidio? Un banale litigio sulla via finito tragicamente? O forse è stato uno di quei fanatici patrioti ebrei detti zeloti che l’ha punito perché era divenuto cittadino di Roma? Col trascorrere degli anni, il desiderio del giovane di fare giustizia, nei primi tempi vivissimo, s’è lenito. È quindi inaspettatamente che, diciotto anni dopo, Marco fa uno sconvolgente sogno: in un arido paesaggio sconosciuto, suo padre esce da una fossa e lo esorta a visitare la sua tomba e a cercare chi l’ha ucciso: è stato così reale quel sogno che Marco lo considera una visione mandata da Dio e ne rimane gravemente turbato: il dolore per la perdita del genitore torna altissimo, come nel giorno in cui era giunta la ferale notizia. Approfittando d’un viaggio missionario degli amici Barnaba e Paolo, che toccherà anche la città di Perge, Marco li accompagna e inizia la sua indagine, che giungerà oltre la scoperta degli assassini del padre, fino alla rivelazione, per lui, del senso stesso dell’esistenza.