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© Guido Pagliarino
Guido Pagliarino
UN CERTAME NEL COSMO
Poemetto eroicomico-fantascientifico
(STRALCIO)
[omissis]
IV
Un giorno in cui Tabullo il distruttore
rimase quasi senza cibo e vino,
giurò che ormai la penitenza fosse
più che bastante; e messasi, pesante,
la tuta ad aria, verso i propri armati
prese la strada, e incontro alle guerriere:
là solamente v'erano apparati,
relitti dai coloni, funzionanti
per nuovi cibi e vini ed atmosfera.
Anche il rimorso, in certi, ha sua misura.
Un sentir brutto nel suo cuore aveva
preso a pulsare, non ancòra certo
ma di sicuro volto a qualche orrore:
Pluto demonio, il solitario fauno
divo del mondo detto Farfarello,
il più lontano attorno a quella stella,
come di già nei tempi della guerra
si divertiva ad insufflargli il male;
e sventolando piedi e mani all'aria,
quella sinistra attorno alla sua lancia,
essendo a terra sulla schiena irsuta
rideva a squarciabocca e crepapancia.
In quello stesso tempo, il giusto Giove
era distratto appassionatamente
dalle grazie di Venere, sovrana
del pianeta secondo di quel sole,
che ognuno dice bella delle belle.
Il dio Plutone aveva colto in fretta
quell'occasione, ché se no il sovrano
ne avrebbe certo ostacolato il piano.
Gli altri restanti divi del sistema,
primo Saturno e poi Minerva e Apollo,
quindi Giunone e infine il dio Mercurio,
da qualche tempo, per un gran progetto
s'erano uniti invece su Armonia,
luna gigante colma d'ogni bene,
di frutta e fiori e d'animali ed acque,
del sesto mondo che orbita a quel sole;
s'erano uniti per un gran certame
tra i più insigni cantor della galassia,
pubblico e, insieme, splendida giuria,
indetto per volere di Saturno,
imperatore del pianeta sesto.
Egli per primo fu su questi mondi,
da quando Giove lo cacciò dal trono;
ma ormai da tempo fra i due divi è pace.
Per ogni dove i suoi legati aveva
volti nel cosmo a consegnare inviti:
Per primo, s'invitò Spirone Terso,
il più famoso in tutta la galassia,
che intona afflati da un suo luogo basso
e a numi tutelari ha gran poeti
che storia dice progressisti in arte
ma che nessuna alla memoria, ahinoi!
lasciano prova del lor bell'ingegno.
Poi s'invitò Kirina di Balocco,
estimatrice delle rime inverse
per cui se un verso, poni, s'esce in era,
quello che segue s'ha da uscire in are,
e cui parole come toro e oro
sarebbero, a fin verso, gran disdoro.
Terzo fu Indiro, cantator di vermi
e vermicelli nel poema illustre
"Guerra strisciante sul pianeta Sterco"
ove si dice d'una lotta immonda
che, con grand'arte, ogni lettore schifa.
Quarta dei sommi, infin, fu Troncia Bulla
la poetessa del pianeta Tuono
ch'emette suoni come spraf e prun,
in assonanze e consonanze e rime,
così che ognun li intenda come vuole.
Quanto agli altri invitati, erano gente
che ancòr cantava in musicale metro
come nei tempi antichi della Terra,
scrivendo versi come usava quando
la poesia tentava la bellezza
per dare al mondo la serenità,
e facendo che ognun capisse il senso.
Certo per loro la speranza è scarsa,
se il gusto dei giurati non è vecchio;
perciò nemmeno ne riporto il nome,
onde vergogna non gli coli addosso.
V
Intanto che Tabùl prendeva via,
a passo lento per il molto peso,
un'astronave di modesta stazza
giungeva a un parsec dalla sesta luna,
presso l'oscuro mondo Farfarello.
Era al timone l'astronauta Ausilio,
valente cavaliere di gran Croce,
e gli era a fianco Nisa poetessa,
che non aveva ricevuto invito
né pur sapeva che il certame fosse:
angel del Ciel, volando dentro al sonno
di Nisa, aveva inviati a questi lidi
sia lei sia Ausilio, senza dire a cosa;
e in obbedienza a Dio erano andati.
Pluto crudele, principe del male,
che aveva il dono di telepatia,
s'era avveduto del venir dei due,
e ch'eran quelli paladini sposi
votati a predicare per il cosmo,
a seminare il bello e la giustizia
e a dare mostra della Carità.
Molti malanni da quei due s'aspetta:
ben nota ai mondi è la potenza loro!
Che fare?... Ma sicuro! s'egli invia
la poetessa Nisa a quel certame
- e il marito di certo l'accompagna -,
saran distratti entrambi dal bel piano
ch'egli ha alla mente, fin che sia compiuto!
Prende dunque la forma di Titillo,
buon servitore e messo di Saturno,
e coi poter che il Cielo gli consente,
acché li usi per il ben soltanto,
nel male vola in un momento all'arca
dei missionari, e si presenta a bordo:
"O pellegrina", dice, "la bellezza
dei versi tuoi è giunta a questi luoghi!
Sappi che il divo del pianeta sesto
sopra Armonia presiede un gran certame
di poesia, e prega che t'unisca
ai cantatori sommi già invitati;
quanto a te, sposo, volgi questa prua
a quella luna, e portavi la sposa!".
Forse perciò, riflette la cantrice,
l'angelo volle indirizzarci a questi
mondi lontani? E lo confida a Ausilio
che, sotto influsso malo di Plutone,
risponde sì, che di sicur fu a questo.
"Ringrazia il sire, se tu ci precedi",
risponde Nisa dunque al falso messo,
e di' che presto noi saremo giunti".
Corre dunque Plutone a quella luna
e, sempre in veste di Titillo, viene
anzi a Saturno e gli preannuncia Nisa.
Indi, appena discosto, la sua forma
vera riprende, e siede insieme ai cinque:
"Non giurato, miei sommi", dice agli altri,
"ché il mio valore al vostro è poca cosa!
Solo lasciate ch'io mi goda i canti".
VI
Che aveva mai di sì perverso in mente
il fattore del mal Pluto demonio?
Egli voleva, in odio al dio Mercurio,
sovrano del pianeta primo in torno
a quella stella, che lo umilia spesso
con lazzi e risa innanzi agli altri divi,
che il re Tabullo ancòra riprendesse
coi propri fidi l'armi, e la sua nave
indirizzasse contro quel pianeta,
mentre Mercurio era a la gara assiso.
Lui pure, intanto, resta a quel certame
così che il dio nemico non sospetti.
Appena il duce Tàbul giunge ai suoi,
così gl'ispira dentro al cranio: "Vai
coi tuoi valenti e spargi diserbanti
sul primo mondo, infin che sia di pietra:
il signor suo ne è assente e non ti tocca!
Poi, con mio grande colpo di magia
farò trovar voi salvi in altro sito,
sopra un pianeta verde assai distante
prima ancor che Mercurio sia avvertito".
Questo non era nei poteri affatto
del maligno Plutone, ma poteva
darne illusa certezza al disgraziato.
[omissis]
Leggi l'opera intera nel libro o nell'e-book PDF "CENTRO STORICO 1990. TRE RACCONTI IN VERSI"
L'opera comprende tre poemi epici, o racconti in versi come oggi comunemente si dice. Il primo, "Centro storico 1990", che dà nome alla silloge, è racconto corale che si snoda in "canti" intitolati a personaggi le cui vicende sono, direttamente o indirettamente, collegate. Il secondo, "Un certame nel cosmo", è un divertimento in versi, un racconto scherzoso - e fantascientifico - che ha presenti il Pulci e il Tassoni. La terza opera infine, "Su l'Ora nel Vangelo secondo Giovanni", ripercorre brevemente in settenari la Passione secondo il quarto Vangelo, richiamando la tipica ironia teologica di Giovanni: quest'ultimo poemetto non pretende niente di più che invitare ad andare, o ritornare, allo splendido Originale.