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DAL N. 44 DELL'OTTOBRE 2004 DI "FUTURE SHOCK"
[Direttore Prof. Antonio Scacco, Via Papa G. Paolo I, 6/M - A, 70124 Bari - La rivista ha pure un'edizione elettronica]
JAMES BLISH, Guerra al grande nulla, (A case of Conscience, 1958), Editrice Nord, Milano 1997, pp. 256 , euro 11,36 (anche in vendita nella libreria elettronica iBS internetbookshop:clicca)
Recensione
Questo romanzo teologico, ampliamento d’un precedente racconto dell’autore, ottenne il Premio Hugo nel 1958, stesso anno della sua prima edizione.
James Blish avrebbe voluto parlare di fondo, in quest’opera, di Cattolicesimo; ma io non vi ritrovo il genuino pensiero cristiano-cattolico: già prima del concilio Vaticano II, apertosi pochi anni dopo la stesura del romanzo, le cose cattoliche che l’autore espone sarebbero state definibili come pregiudizi.
Oggi possiamo dire che il Blish non aveva avuto intuito nell’immaginare il prossimo avvenire; ad esempio, nemmeno aveva sospettato il miracolo economico dell’Italia per quanto ormai vicinissimo e di cui già c’erano forti segni negli ultimi anni ’50 dello scorso secolo, come il moltiplicarsi delle centrali elettriche, la circolazione stradale in aumento grazie alle prime Fiat 600 e 500 e la parallela costruzione di autostrade: l’autore di questo romanzo, senza documentarsi su quel presente, immaginava la futura società italiana com’era stata, addirittura, prima della guerra. Soprattutto, e ciò è più grave dato che l’autore avrebbe voluto occuparsi seriamente, anche se attraverso il mezzo romanzesco, di dottrina cattolica, in questo lavoro non viene contemplata la possibilità d’un rinnovamento della Chiesa che pur era già nell’aria e stava per manifestarsi ufficialmente grazie a papa Giovanni XXIII, il pontefice della rivoluzione-restaurazione conciliare, il promotore di quel Vaticano II per il quale i vescovi di tutto il mondo congiunti a Roma avrebbero rimosso incrostazioni umane accumulatesi nei secoli sulla dottrina e sulla prassi ecclesiastiche, rivolgendo nuovamente la Chiesa verso i genuini tempi apostolici e tenendo conto insieme delle esigenze moderne [1]; peraltro, dette incrostazioni non avevano a che fare coi pregiudizi attorno al Cattolicesimo dell’agnostico autore, da lui riflessi sia sul protagonista, il gesuita padre dottor Ramon Ruiz-Sanchez, biologo come lo stesso Blish, sia sull’immaginario papa che nell’anno santo 2050 lo scomunica per eresia.
Vediamo brevemente la trama. L’opera ha per assunto che esista un’armoniosa civiltà su Lithia, un pianeta a cinquanta anni luce dalla Terra, piccola distanza ormai, dopo l’invenzione delle astronavi e dei mezzi radio a velocità ultra-luce (ma sulla Luna si va ancora a razzi, altrimenti in un istante si sarebbe fiondati oltre). Una commissione composta da quattro scienziati, tra cui il gesuita, è incaricata d’analizzare l’ambiente e la civiltà di quel mondo e ha l’autorità di decidere se colonizzarlo o no. Gli abitanti di Lithia sono alti in media 3,70 metri, hanno postura eretta, pollice opponibile e natura rettiliare, non praticano cure parentali, appunto come i rettili, e vivono tra loro in piena armonia pur non credendo in Dio e non avendo comandamenti e leggi, quasi come sarebbero vissuti nel metaforico Eden gli uomini nel corso dei millenni se Adamo (= L’uomo di tutti i tempi) non avesse peccato (e non continuasse a peccare) di superbia contro il Creatore mangiando sistematicamente il proibito, simbolico frutto dell’albero del bene e del male, espressione che indica presso gli antichi Ebrei l’esistente: come forse non tutti sanno, il peccato degli esseri umani, di cui quello biblico-adamitico è l’archetipo, non consiste nel voler sapere, il che per il Giudaismo e per il Cristianesimo non solo è giusto ma è doveroso, bensì nel considerare come proprietà il creato (appunto l’albero del bene e del male) escludendo Dio dalla propria vita e mettendosi al suo posto con superbia. Dunque, questa civiltà aliena potrebbe semplicemente essere composta da adami ed eve senza peccato originale, se non fosse che i lithiani ignorano l’esistenza del Creatore e vivono nell’ateismo. Questa situazione è giudicata diabolica dal gesuita protagonista e poi dal papa: James Blish definisce l’universo che descrive di tipo manicheo, intendendo che c’è un secondo creatore, Satana [2]. Venuto il momento di decidere se il pianeta Lithia meriti d’essere colonizzato, padre Ramon raccomanda dunque di vietarne l’accesso, mentre due altri scienziati ritengono che, comunque, sfruttarlo non convenga, data la scarsità di materie prime; solo il quarto lo pensa invece adatto alla colonizzazione, anche se solamente per costruirvi e depositarvi bombe termonucleari: oggigiorno i pericoli che corre il mondo non sono più quelli degli anni ’50 dello scorso secolo, tempi di guerra fredda, però quando il Blish scriveva “Guerra al grande nulla” la tensione era al culmine, e questo non poteva che riflettersi sul romanzo: nessuno avrebbe previsto allora una caduta del regime sovietico, un impero che pareva destinato a durare per moltissimo tempo. Per il Blish la terza guerra mondiale non sarebbe tuttavia scoppiata, anche se non tanto per l’equilibrio del terrore quanto per quello, per così dire, delle protezioni, in quanto nel corso degli anni le abitazioni della Terra sarebbero state costruite, egli immaginava, come rifugi atomici sotterranei e nessuna potenza avrebbe infine ritenuto utile sganciare la bomba. Tornando al pianeta Lithia, esso viene dunque escluso dalle rotte terrestri per voto a maggioranza di tre a uno. Un lithiano però, appena prima che i quattro scienziati facciano ritorno a casa, per ispirazione demoniaca? dona al gesuita un vaso con dentro l’embrione in vitro del proprio figlio (il vaso di Pandora?) il quale nasce sulla Terra, in Occidente, e, divenendo in breve tempo adulto, assume l’aggressività e, in genere, la mentalità dei terrestri, a parte l’impulso umano verso la religione, mancante del tutto nei lithiani. Dopo un certo tempo il governo occidentale non tiene più conto del parere della commissione dei quattro, decide di aprire Lithia alla colonizzazione al preciso scopo di costruirvi bombe termonucleari e invia il quarto scienziato a dirigerne le fabbriche. Intanto sulla Terra l’alieno, non avendo alcuna remora religiosa, solleva contro l’ordine costituito milioni di poveri, prima bloccati, secondo il Blish, da quella religione che il Marx definiva oppio dei popoli. L’extraterrestre s’imbarca poi sopra un’astronave diretta al suo mondo, con la mira di prenderne il controllo. Chi lo bloccherà?! Ovviamente padre Ramon. Convocato dal papa, il gesuita viene, segretamente per non creare scandalo, scomunicato quale eretico manicheo, in quanto convinto che il Diavolo sia il demiurgo di Lithia, ma insieme riceve dal pontefice, solo ufficiosamente per evitare uno scontro col governo terrestre e per non contraddire pubblicamente la scomunica del religioso, l’incarico d’esorcizzare il diabolico pianeta e i suoi abitanti: è evidente che per il Blish la Chiesa è e sarà sempre cronicamente afflitta da doppiezza. L’esorcismo riesce, in modo estremo: il pianeta addirittura esplode. Sono stati, di fatto, gl’impianti nucleari dei terrestri a esplodere al momento giusto, suggerisce l’autore, e a distruggere il pianeta proprio mentre padre Ramon eseguiva l’esorcismo: mi sembra che il Blish sottintenda che i miracoli di Dio siano in realtà frutto di natura, così come pensavano positivisti i quali affermavano, ad esempio, che il miracolo cristico della moltiplicazione dei pesci era stato solo un caso: una tromba d’aria, dicevano, ne aveva aspirato qualche migliaio passando sopra un lago e poi aveva scaricato quei pesci proprio dov’erano Gesú e la folla (mah! a parte l’estrema improbabilità dell’evento, sarebbero piovute anche le migliaia di pani, pescate dalla tromba d’aria in decine di forni?!): penso che, fede per fede, sia meno improbabile la credenza in Dio onnipotente che quella nel caso, fede questa che contempla, fra l’altro, un’inverosimile nascita per puro accidente della vita intelligente e capace di pensare a Dio. La scomunica di padre Ramon che l’autore propone al lettore è a sua volta assai poco probabile, già sarebbe stata inverosimile negli anni ’50 dello scorso secolo. Si consideri ad esempio quanto segue. Mentre i laicisti [3] avrebbero seguitato a ritenere la Chiesa nemica della teoria evoluzionista, già l’8 agosto 1950, con l’enciclica Humani generis, papa Pio XII aveva affermato che “il Magistero della Chiesa non proibisce che la teoria dell’evoluzionismo, in conformità all’attuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ricerche e di discussioni da parte degli studiosi di ambedue i campi, in quanto essa fa ricerche, sull’origine del corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente”; ovviamente “per quanto riguarda le anime, la fede cattolica ci obbliga a ritenere che esse sono state create immediatamente da Dio”, il che significa l’immissione dell’anima-io in ogni essere umano dal momento in cui il genere Homo ha avuto il cervello sufficientemente evoluto (Homo sapiens sapiens): anni dopo, papa Giovanni Paolo II è andato oltre, affermando che “nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell’evoluzione come una mera ipotesi” [4], e ovviamente ribadendo l’affermazione che ogni anima umana ha origine divina indipendentemente dalla probabile legge naturale evoluzionistica. Ebbene, poiché negli stessi anni della citata enciclica di Pio XII l’antropologo e religioso Pierre Teilhard de Chardin (1881/1955), gesuita, aveva ricevuto critiche dal Magistero per la sua teologia evoluzionistica, gli anticlericali, senza indagare, avevano accusato la Chiesa d’essere creazionista e oscurantista come ai tempi di Galileo; ma fatto era, invece, che non solo il de Chardin non era stato dichiarato personalmente eretico [5], ma la sua teoria era stata respinta solo per la parte teologica e nient’affatto per l’ipotesi scientifica che le s’accompagnava: quel gesuita considerava Cristo un’energia cosmica, in pratica come l’Evoluzione stessa (da lui scritta con la maiuscola) [6]: una teoria teologica in sé eretica perché panteista, e possiamo anche dire di tipo New Age. Tornando al romanzo, il Blish nel descrivere il suo immaginario gesuita padre Ramon, che come sappiamo fa addirittura scomunicare, aveva non improbabilmente in mente proprio la figura del reale gesuita de Chardin che, a causa dell’errata informazione fornita dai mass media, egli, come tanti altri, sbagliando riteneva scomunicato.
Il romanzo provoca insomma disinformazione, con danno per la cultura di chi, ignorando del tutto l’argomento Cattolicesimo, prenda per buona la religione fanta-cattolica esposta dall’autore, il quale alimenta quel fazioso sentimento laicista che con il gusto liberale per il dubbio e la ricerca non ha nulla a che fare. Inoltre, ed è forse la pecca maggiore per un’opera, dopotutto, d’intrattenimento, “Guerra al grande nulla” è un romanzo noioso; se non altro, certe parti come la lunga descrizione d’una festa, avrebbero potuto essere limate.
Guido Pagliarino
[1] Rivalutando tutt’intera la Storia come provvidenziale, contro la precedente condanna delle vicende iniziate con le rivoluzioni massoniche americana e francese, e cancellando di fatto, come non tutti sanno, la precedente condanna (peraltro non dogmatica) del cosiddetto Modernismo.
[2] Dato il senso piuttosto generico che l’autore attribuisce al termine manicheismo, potremmo forse indifferentemente riferirci al mazdeismo – o zoroastrismo – che contempla due dèi, uno del bene e l’altro del male, oppure all’idea catara (detta albigese per quei catari che abitavano nella città francese di Albes), che vede il Diavolo quale formatore del mondo: non dal nulla, bensì da una materia preesistente; un maligno demiurgo a sua volta creatura (ribelle) e non dio del male come nel mazdeismo. Desiderando approfondire quest’argomento si può vedere, di Guido Pagliarino, “Cristianesimo e Gnosticismo: 2000 anni di sfida”, Prospettiva editrice, 2003, codice ISBN 8874181779.
[3] Da non confondere con laici: indico con la parola laicista l’acritico, dogmatico laico convinto che i credenti siano persone infantili senza carattere e che solo l’ateismo sia degno dell’intelligenza: proprio il contrario del vero laico, credente o no, capace di sentirsi piccolo nell’immensa bellezza del creato, di dubitare delle proprie congetture, rispettoso delle altrui idee.
Nella Chiesa sono detti laici i credenti che non sono preti secolari o non hanno pronunciato voti religiosi.
[4] Pronunciamento in occasione del sessantesimo anniversario della fondazione della Pontificia Accademia delle Scienze, il 22 ottobre 1996.
[5] Com’era stato per alcune delle teorie di Origene, dichiarate eretiche tempo dopo la sua morte ma senza che ci fosse la dannazione della sua memoria, tanto è vero ch’egli è uno degli scrittori ecclesiastici antichi più studiato nei secoli e ancor oggi nelle facoltà teologiche.
[6] Scriveva: “Credo che l’Universo è un’Evoluzione. / Credo che l’Evoluzione va verso lo Spirito. / Credo che lo Spirito si compie in qualcosa di Personale. / Credo che il Personale supremo è il Cristo universale” (P.T. de Chardin, La mia fede - Scritti teologici, Queriniana, 1993).