(Da SPIRITUALITÀ E LETTERATURA n. 42, gennaio /aprile 2000)
LO SCISMA IMMAGINARIO
Non mi amareggio troppo quando esponenti del laicismo, compreso quello credente ma che fa centrale l'uomo e non Dio, rifiutando i principi etici forti, divini, del cattolicesimo, nel loro sport preferito di sparare alla gerarchia della Chiesa ignorano la dottrina cattolica emersa dal concilio Vaticano II e scrivono cose obiettivamente false; c'è infatti, e non da oggi, in quell'ambiente un diffuso analfabetismo relativamente al cattolicesimo. Basti pensare a Voltaire che, basandosi sul principio fisico del nulla si crea e nulla si distrugge, derideva la risurrezione del corpo, ignorando che Dio, tramite San Paolo, ci dice che il corpo risorto è glorioso spirituale. Mi dispiace invece moltissimo quando è un cattolico a non apparire sufficientemente informato (e ad essere sostenuto dai primi).
Una parentesi: Il concilio Vaticano II non ha stabilito dogmi; ha invece, tra le molte altre cose, indicato ciò che è di libera discussione, quanto un cattolico può pensare, senza eresia, diversamente da quanto tradizionalmente creduto, ben inteso relativamente alla forma ma sulla stessa sostanza di fede; ad esempio, il diavolo è di fede perché è nella Bibbia ma, in assenza di una precisazione dogmatica della Chiesa, può essere inteso, volendo, in senso metaforico, quale origine delle tentazioni. C'è stata, a proposito del Vaticano II, una fioritura di scritti, ormai da oltre una trentina d'anni, come quelli, per citarne solo alcuni, di Gianfranco Ravasi, Manlio Simonelli, Ortensio da Spinetoli, Carlo Molari, Bruno Maggioni, Antonio Bonora. Chi lo vuole ha tutti gli strumenti per informarsi.
Nel suo ultimo libro, oggetto d'un gran caso su quotidiani laicisti, "La Stampa" di Torino con Gianni Vattimo in testa, il filosofo cattolico Pietro Prini sostiene la tesi d'uno "Scisma sommerso" nella Chiesa, che deriverebbe dal fatto che la maggioranza dei cattolici sarebbe su posizioni dottrinali diverse da quelle del Magistero. Semmai, e purtroppo, c'è una parte dei cattolici che non segue corsi di cristianesimo per adulti, non legge libri in merito, e ha dunque le idee un po' confuse. Stando a quanto scrive il filosofo, l'insegnamento della Chiesa si basa notevolmente su Sant'Agostino. Non è così: per molti suoi punti soggettivi e transeunti, egli è disatteso da tempo, ad esempio per l'idea che i neonati non battezzati finiscano all'inferno. L'autore vuole dimostrare che, relativamente alla Genesi, non si possono prendere alla lettera Adamo ed Eva: ma è parte della dottrina ufficiale della Chiesa che è lecita, in merito, l'interpretazione metaforica. La scuola razionalista atea e quella protestante mitica, ormai abbattute dalla scuola cattolica tradizionalista con vari strumenti, tra cui non secondariamente i principi della continuità e della discontinuità, sono state utili al cattolicesimo: nel confronto questo s'è ulteriormente affinato, sia corroborando la storicità di Cristo e la realtà della Risurrezione sia meglio comprendendo che l'Ispirazione della Scrittura è da vedersi, in certe parti, nell'essenza del racconto e non nella sua lettera. Poi il Prini tratta del peccato originale, sempre secondo Sant'Agostino, dichiarando che esso non è più accettabile quale una colpa personale dei progenitori che si trasmette ai discendenti. Fatto è che anche su questo Sant'Agostino è da tempo abbandonato. Il peccato originale può essere visto, senza scomuniche, non come una macchia sulla platonica anima ma come l'attitudine portata dalla carne ad essere egoisti e superbi, a farsi centro del mondo al posto di Dio; peccato (difetto) non personale che i meriti di Cristo cancellano aprendoci l'accesso al Regno, a Dio. Il peccato originale e il diavolo sono, per la Chiesa conciliare, necessari al dono della libertà che Dio ci ha amorevolmente concesso, libertà di voler salire o no a lui, essendo giusti seguendo la volontà di Dio o al contrario peccatori sottostando alle tentazioni. A proposito dell'inferno l'autore parla di "condanna senza speranza al castigo eterno dell'Inferno", che scrive con la maiuscola, dice che è visto dalla Chiesa come "vendetta", afferma che non si tiene conto di "recupero e rieducazione del colpevole". In realtà l'inferno, il finire sotto terra, il cadere nel nulla, male assoluto senza alcun bene in quanto negazione dell'Essere divino che è Bene assoluto senza nessun male, nella dottrina cattolica conciliare è inteso, proprio come il Prini auspica, quale risultato della libera, razionale, determinata, consapevole decisione dell'essere umano, in odio a Dio, di non salire al suo Essere. L'autore scrive: "Esiste il diavolo? Si ritiene comunemente che la Scrittura, come vediamo, lo affermi in maniera esplicita". Più avanti: "Oggi le cose appaiono piuttosto diverse (...) risulta che soltanto il 25% degli italiani cattolici praticanti crede nel demonio come realtà personale". Direi che Pietro Prini considera questo fatto come una opposizione al magistero della Chiesa. Invece i corsi di cattolicesimo insegnano che, come già ho accennato, in assenza di una proclamazione dogmatica del diavolo quale persona, si è liberi di credere al medesimo in senso metaforico. L'autore, tuttavia, si batte per "la de-fabulazione dell'infernale". Dopo avere affermato, ed è purtroppo indubitabile, che parte dei cattolici che partecipano alla Comunione non si avvicina al sacramento della Confessione, il Prini, citando la distinzione tra peccato grave e peccato mortale del teologo ottocentesco Hermann Schell scrive: "C'è da augurarsi che questa distinzione, adottata oggi da molti autori, raccolga il senso cristiano (...) molto spesso ancora obliato della legge morale come il finalizzarsi di tutta l'anima a Dio e al suo Regno sulla Terra e del peccato mortale come la totale aversio a Deo e la perversità degli odiatori del genere umano". Mi chiedo: che senso ha l'augurarsi ciò che già è? È in dottrina pacifico che per perdere la Grazia ci vuole l'odio per Dio in piene consapevolezza e volontà. Se, per esempio, a un villano scappa involontariamente una bestemmia, non c'è peccato mortale. Anche nel penultimo capitolo, relativo a una presunta condanna ecclesiastica del piacere sessuale, ma in realtà è condannato l'egoismo, l'usare una persona, il non essere io per te bensì tu per me, non il piacere in sé, il Prini dice cose imprecise. Tra l'altro non è oggettivamente vero che, com'egli ritiene, nel matrimonio la Chiesa odierna veda solo un "rimedio alla concupiscenza" e come fine primario matrimoniale la sola procreazione. Il mutuo aiuto, che comprende la sessualità, ha valore tanto quanto la procreazione (e obbligatoriamente questa deve essere responsabile, fin da Paolo VI: non bisogna procreare più figli di quanti se ne possano mantenere, altrimenti si tratta di egoismo). Per quanto riguarda l'ultimo capitolo del saggio, "Interpersonalismo e bioetica", fatto è che per la Chiesa l'omicidio del concepito, anche se a pochi giorni dal coito, non può trovare assoluzione nel "personalismo intersoggettivo" richiamato dal filosofo né nei sempre provvisori risultati della scienza, scientifici solo se suscettibili di essere rimessi in discussione, falsificati (Karl R. Popper), come la congettura di J. - F. Malherbe, citata dal Prini, che "solo dal momento in cui lo zigote si converte in embrione (...) si può parlare dell'embrione come di una persona umana in potenza". Non è còmpito, peraltro impossibile, della scienza di indagare sull'infinito, non sperimentabile Dio, stabilendo quando egli infonda l'anima: il Creatore non ce l'ha rivelato, per cui dobbiamo ritenere che sia sùbito. L'applicazione alla Chiesa dell'idea popperiana di società aperta, che il Prini desidera, è improponibile in quanto vi sono punti etici forti irrinunciabili che non possono essere toccati dalla discussione, come vorrebbero invece coloro che collegano la morale alle decisioni contingenti di una democratica maggioranza. Al riguardo infatti la Chiesa non ha idee proprie ma quelle di Cristo contenute nel Testamento.
GUIDO PAGLIARINO
Pietro Prini, Lo scisma sommerso, saggio, Garzanti, 1999, pp.119, lire 19.000