(DA TALENTO n.3/1999)
Spigolature religiose: Il vero Gesù
Nel corso della storia della Chiesa, la cristologia è stata rinchiusa entro gli schemi della filosofia greca e della conseguente teologia. Il pensiero della Grecia è stato utile, nei primi secoli, all'evangelizzazione dei gentili ma da tempo è un peso, rischia di fuorviare o addirittura di allontanare dalla fede: si pensi a chi considera ancora l'anima e l'inferno secondo il neoplatonismo di Agostino (ne avevo parlato in precedenti articoli, cui rimando) con l'insopportabile idea conseguente d'un'eternità di sofferenze per il dannato. Prima il Dio del neoplatonismo poi, dalla scolastica, quello aristotelico hanno modificato la genuina figura di Gesú. Col concilio Vaticano II è stata riadditata la via originale, che inizia dal Giudeo-cristianesimo; strada però non seguita, o almeno non appieno, da quei credenti che restano fermi alle posizioni preconciliari, per ragioni meramente teologiche oppure (sono i più) perché non si sono informati e, dunque, non hanno come faro Cristo ma una dottrina. Il Dio-uomo non porta una nuova etica filosofica per gli umani rapporti; Gesú, cioè il Lumen Gentium della relativa proclamazione conciliare, non ci indica una morale tratta da una teodicea ma ci chiama a lui: il confronto dell'essere umano deve essere non con precetti ma con la vita dell'uomo Gesú. La vita vissuta è ben maggiore delle razionalizzazioni, sono concreti modelli umani che ci arricchiscono, quelli dei santi, non importa se cattolici o no, e primo tra loro, e a differenza di loro senza neppure la minima ombra, di Cristo. Liberata l'idea di Dio dal modulo del Motore immobile, possiamo scoprirlo come il Dio che meraviglia, che annulla ogni idea umana su di lui, che, sino allo scandalo assoluto della morte da schiavo in croce, fa proprio l'inverso di quanto ci si aspetta dal Perfetto, che, come uomo, vive in modo scandaloso, differente da tutti gli altri: non un Dio Stabilità Assoluta, come non solo nell'idea greca e poi scolastica ma nella stessa filosofia laica quando ragiona dell'Essere; non conseguente Autorità Assoluta, idea che fa tanto comodo ai potenti. Fra gli avversari di papa Giovanni XXIII e poi del Vaticano II c'erano stati molti pezzi grossi del laicismo, soprattutto dell'economia e del giornalismo a questa legato, da sempre anticlericali poiché il Cattolicesimo è avversario degli sfrenati consumi. All'apparenza stranamente, avevano espresso dai loro media l'accorato timore che per le proclamazioni conciliari la Chiesa si sarebbe sfaldata e s'erano schierati contro il rinnovamento conciliare in difesa della "tradizionale" fede cattolica, nonché a favore di un'interpretazione monarchica assoluta del primato papale. Il punto era, ed è, che la genuina figura di Gesú riscoperta dal Vaticano II non consente coperture religiose, e quindi assolute, al potere mondano, non gli permette di gridare, in nome della libertà e soprattutto del consumismo, contro i "chierici oscurantisti". Purtroppo il vero Cristo non è ancora seguito da tutta la Chiesa e il campo di battaglia resta dunque favorevole agli anticlericali.
Nelle religioni rivelate non cristiane l'immagine di Dio giustifica rapporti di forza tra gli esseri umani. L'idea d'un Dio signore assoluto consente ad esempio, secondo analogia, gli harem degli sceiccati o la schiavitù dei bambini nella produzione di tappeti. Anche nel Cristianesimo però, soprattutto calvinista, ha permesso cose come lo sfruttamento protoindustriale non solo di adulti ma pure di infanti, considerati addirittura beneficati dai padroni; e ancora oggi, anzi sempre più con la crescente disoccupazione, una tale mentalità consente, anche a sedicenti cattolici, di instaurare con lavoratori rapporti di collaborazione autonoma, in realtà lavori dipendenti mascherati e non protetti, scevri da oneri sociali per aziende e studi professionali.
Dio-uomo significa abolire ogni differenza. Gesú è antirazzista, è contro lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, contro l'asservimento della donna: "Non c'è più uomo, non c'è più donna, ma tutti sono eguali davanti al Cristo" ci dice Paolo richiamando l'atteggiamento concreto di Gesú verso le donne. La persona ha valore non per il suo ruolo sociale ma perché è figlia di Dio: per Cristo non c'è nessuna differenza tra ricco e povero, adulto e bambino, colto e ignorante, medico e ammalato, maestro e allievo, superiore e dipendente, vescovo e laico, magistrato e imputato, ministro e governato. Non giudica la prostituta Maddalena, non la confronta alle buone mogli e madri, rifiuta il giudizio del mondo, chiama questa persona senz'altro a sé perché ella molto ama e glielo dimostra: in Giovanni, 20, 17 la Maddalena spontaneamente abbraccia Gesú con tutta la sua forza, sembra quasi che non la voglia più smettere: nella traduzione italiana è scritto che Cristo le dice: "Non mi trattenere" mentre nell'originale troviamo: "Basta, lascia di toccarmi più".
Per Gesú, certi comportamenti concreti non creano gravissimi problemi se sono sulla via dell'amore, quel che conta è la buona coscienza, l'avere scelto senza egoismo: ci insegna il puro abbandono all'amore, il male per lui è esclusivamente nel non amare.
Egli è dunque altro da ogni modello in cui l'uomo, con la sua sola intelligenza, pensa di riconoscersi. Rifiuta di sostenere qualsiasi stabilità culturale, filosofica, di potere; ma talmente non è altro da noi concreti umani che vuole presentarsi e parlarci come uomo; precisamente, poiché Colui che È non muta, la più grossa Rivelazione che ci dà è che egli È uomo; sùbito dopo, che l'essere umano deve comportarsi come Cristo. Anche Gesú è tentato di non amare, metaforicamente di seguire il diavolo: le tentazioni nel deserto sono anche simbolo di quelle di tutta la sua vita; ma non cede mai e con le sue scelte pure, nell'esempio ci indica come puntare ad essere creature umane ottime nonostante le continue tentazioni dell'egoismo e dell'orgoglio.
Al cristiano, cioè a colui che, fidando nella testimonianza fino al martirio degli apostoli crede che il Cristo è risorto davvero e ha così provato di essere Dio, resta dunque solo questo, di non giudicare le coscienze altrui e di abbandonarsi, nelle scelte della propria coscienza, all'esempio d'amore di Gesú.
Guido Pagliarino