Quest'articolo è pubblicato sulla rivista Penna d'Autore n.33 / 2002
[© Guido Pagliarino]
NOTICINA SU PERSONALISMO E COLLETTIVISMO
Discernere in politica fra destra e sinistra non serve a molto. Ritengo che la distinzione essenziale, pur non dovendosi trascurare quella fra sinistra e destra, debba ravvisarsi tra personalismo e collettivismo, relativi all'una
e all'altra, e che sia necessario precisare se l'ideologia d'un partito sia personalista oppure collettivista, se questo abbia cioè, come suo interesse primario, rispettivamente ogni persona vista quale base della società, oppure la società stessa, di cui la persona venga intesa quale cellula.
Troviamo a sinistra partiti personalisti come, a puro titolo di esempio, i demo-social-liberali, i demo-cristiano-sociali, i socialdemocratici, e pure partiti collettivisti come i comunisti
o i socialisti massimalisti; a destra, personalisti quali i liberali democratici
o i cristiani demo-liberali, semi-personalisti come i liberali aristocratici o i cristiani integralisti simpatizzanti di partiti "forti", collettivisti come i fascisti e i nazisti. Sarebbe forse meglio rappresentarsi i diversi partiti non lungo un segmento da sinistra a destra, o viceversa,
Centro
Sinistra ______________|______________ Destra
bensì disposti su di una U rovesciata, una sorta di ferro di cavallo su cui situare, dalla parte semicircolare, lungo l'arco, l'area del personalismo, rispettivamente di sinistra e di destra, e dalla parte degli estremi, dei "corni", l'area del collettivismo,
a sua volta di sinistra e di destra.
Parlare di opposti estremismi, come a volte si fa, è fuorviante, in quanto essi sono dalla stessa parte, quella del collettivismo, pur con differenze secondarie come, ad esempio, per il comunismo storico il mito della classe proletaria buona, sfruttata e destinata secondo una presunta legge storica, per le contraddizioni stesse del sistema capitalistico, alla vittoria contro la borghesia e alla presa di potere; e per il nazismo quello della razza ariana buona sfruttata dal giudaismo e da organizzazioni economiche e gruppi occulti di potere sovrannazionali, e destinata per
natura alla vittoria e al dominio del mondo; miti che hanno portato a sterminare, non importa se nei gulag o nei lager, i supposti nemici, considerati come cellule infette, marce, della società, non come persone. Il collettivismo economico comunista, vale a dire la centralizzazione dei mezzi di produzione, in sostanza la proprietà e la direzione pubblica di ogni rilevante azienda, è solo un aspetto, anche se molto importante, della visione collettivistica socio-politica del comunismo; la politica economica nazista contempla comunque il dirigismo economico da parte dello Stato, tant'è vero che sotto la dittatura hitleriana, nelle aziende maggiori era presente anche un funzionario pubblico, cui spettavano le decisioni strategiche: lo Stato viene prima di tutto, appunto.
Qualunque Stato, come ben evidenziava il Maritain, è erroneamente confuso, nel generale sentire, con il corpo sociale, col complesso dei cittadini, mentre di fatto ne è solo la testa. Quel luogo comune è una deformazione della realtà; si tratta di un'idea, astratta, utile ai capi in generale, e indispensabile nei sistemi collettivistici di sinistra e di destra per giustificare la dittatura (del proletariato, della stirpe...). Com'è ben noto, nei sistemi democratico-elettivi, comunque i meno distanti dal mitico concetto di sovranità popolare, il cittadino può intervenire ad ogni elezione, statuale e locale, solo nella formazione del parlamento nazionale, di quello regionale, dei consigli provinciali, comunali, di quartiere, non in quella di tutti gli organi pubblici, per chiamarli così: non mi riferisco del tutto al potere esecutivo, al governo, che dev'essere approvato e controllato da quello legislativo eletto dai cittadini, cioè dal parlamento, ma a quello giurisdizionale (magistratura) ed a vari enti
e istituti, su cui neanche indirettamente, nel nostro ed in molti altri Paesi, il cittadino può influire. Inoltre, nell'elezione dei rappresentanti la sua scelta è possibile solo entro certi limiti, in quanto egli può dare la preferenza soltanto a candidati prescelti dai partiti e, solamente se il sistema elettorale sia proporzionale, votare espressamente
il candidato e il partito, di fatto il meno lontano dalle sue idee, che
preferisce. È certo, quindi, che sia mera astrazione considerare lo Stato più tutti gli enti pubblici minori, come ad esempio le regioni, quale corpo sociale.
Nel sistema maggioritario, il voto dell'elettore a un disomogeneo listone può andare a persona di idee
opposte alle sue, un personalista può trovarsi a eleggere un collettivista, o viceversa; ad esempio, un demo-cristiano-sociale può avere il suo voto indirizzato a un comunista, un elettore di un partito di destra fortemente statalista ad un parlamentare demo-liberale. I poli elettorali non presentano, in paesi con una miriade di partiti
come il nostro, una piena alternativa, essendo ciascun polo, sovente, un'alleanza
innaturale fra personalisti, semi-personalisti e/o collettivisti, e si può supporre che anche perciò vi sia disinteresse ed assenteismo in una notevole parte dell'elettorato; e che questa disaffezione sarebbe forse meno forte in un sistema proporzionale, con la possibilità di scegliere il proprio candidato non solo secondo destra o sinistra, ma secondo personalismo o collettivismo dell'elettore: a rischio di governi più deboli, non lo nego.
Guido Pagliarino