Da "Talento", Lorenzo Editore, n.2 / 2003
Recensioni di Guido Pagliarino
È questa una poesia di non immediata interpretazione, anche perché libera da punteggiatura e dunque, in certi punti, volutamente ambigua. Su versi più lunghi, tra cui armoniosi endecasillabi, tendono a prevalere quelli brevi e brevissimi, a volte d’una sola parola. Si tratta di poesia che innalza quel “[…] qualcosa di strano / Che ti ricorda / Qualcosa”; e tu, poeta, “Ne prendi appunto”. Certo, l’essere parallelamente e anzitutto il Salimbeni un – noto – pittore è fatto che non può essere trascurato da chi sia chiamato a scrivere delle sue composizioni poetiche; nella pittura l’autore ha già espresso la sua prospettiva esistenziale che in secondo luogo ritorna nelle poesie: “[…] la Materia è Ritmo / […] ritmo di miracoli”; “Fantastiche immagini oscillano / Nel fondo bruno / Mentre esplodete in luce / Calore / Alimento”. Un mondo che, direi, all’autore appare sfumato, incerto; un esistere ch’egli scompone e quindi ricompone espressivamente con potente soggettività, riformandolo a sua misura sulla tela e sulla pagina: parola che viene dalla luce e dalla forma e dal colore, vuoi nelle opere più lunghe, vuoi negli epigrammi, sorta di bozzetti coloriti questi, espressioni spontanee d’un attimo d’emozione, a volte liriche e sovente ironiche: “Ti senti in pace / Parli vagamente / Del prezzo delle bietole / Sei male inteso / Provochi una rissa”; in qualche luogo, troviamo epigrammi d’un solo verso, come appunti fulminei: “Uccisa l’Immaginazione”, un’annotazione provocata da chi sa quale esperienza del giorno 11 novembre 2001 – tutte le poesie sono datate –. Viene stigmatizzato nell’opera il contrasto tra gli esseri umani, ed espresso un desiderio del poeta di solidarietà, di comunione verso la gente ch’egli non guarda da altane, ma cui si mescola: “Sotto qualunque sembianza / Vedo voi / Gente / Non dai terrazzini / Ma dalla vita / Che viviamo assieme”. Risalta a un certo punto la malinconia causata dalla fragilità dell’età avanzata, essendo rivolto ciascuno, a parte alcuni graditi agli dei e dunque rapiti prima, a quella sorta di Passione che è la vecchiaia, anche l’autore, ovviamente: “Arranca il vecchio in cerca di rifugio / Si ferma / Beve l’aria / Riprende / Tante volte / A tempo di Via Crucis”. L’ironia però non viene meno, magari in una graffiante analogia: “O passa questa tosse o passa il Nonno / Il Governo decida”; per andare poco dopo ad accenti lirici, qui forse in un’eco leopardiana: “La curva ampia del vento / Dall’azzurro dei monti alla piana / risale poi lontano oltre il Mistero”. A volte, il verseggiare lirico e quello epigrammatico sono presenti, in interessanti combinazioni, nella medesima composizione. Sono stato favorevolmente impressionato da questi originali versi di Sirio Salimbeni, poeta giunto con “Alti e bassi” alla sua terza silloge.
Guido Pagliarino
Liliana Antonini, Aneliti d’Infinito, poesie, Magi Editore, 2002
L’autrice aveva offerto non rari momenti al Cristianesimo in altre raccolte. In questa nuova, breve silloge, l’immersione è totale.
La sensibilità cristiana dell’Antonini è quella tradizionale cattolica in cui, nella Comunione col Figlio, all’adorazione per Dio s’aggiunge, quasi un’anticipazione di Vita eterna, la venerazione per Maria e gli altri santi divinizzati nella seconda Persona: i beati, come dice la I Lettera di Giovanni, Lo vedono com’Egli è perché son resi simili a Lui; ed ecco la loro possibilità d’intercedere per chi è ancora nel tempo: “Dolce Maria /…/ A Voi mi affido / in quest’istante /ancor che penso”; “ – Ioseph – / Nel giardino dei gigli / passeggi, /mani segnate/…/ Sollievo ai sofferenti, / chiedi per noi”. Ovviamente, centrale per questa poetessa, e per tutto il Cristianesimo, è Gesú, l’unico Salvatore – Passione; Mani piagate; Pasqua –: “Tremò la terra / buio profondo / buio sconcerto / segno del male /…/ RESURREXIT / Salvifico Mistero”. Forse però, la sensibilità poetica dell’Antonini è ancor più attratta dal Natale – Natale, oggi; Luci di Natale; La notte santa – , quella Natività che non è solo, peraltro, commemorazione storica della nascita di Cristo, ma emblema della rinascita del cuore che la Pasqua di Risurrezione ci dona, rigenerati nello “Spirito Santo / Spirito d’Amore”.
La spiritualità dell’autrice viene resa con una prevalenza di versi brevi, attraverso l’uso del tempo infinito – “Catene grevi / con tenacia d’amore / saper levare /…/ smantellare alienanti castelli” – e con la rinuncia a verbi. È un po’ come se la poetessa scrivesse col fiato sospeso, nel fascino del Divino: “Roccia e cristalli / della Bibbia tessuto / con Speme e Carità / conquista e dono”. A volte, a questo fine, ella spezza versi, come per gli ultimi due citati che, uniti, formerebbero un lungo endecasillabo, ma meno assorto.
È un lirismo cresciuto nel solco della Croce: “Nel solco il germoglìo”.
Guido Pagliarino