La misteriosa Sindone di Torino

Appendice:

SUL SUDARIO DI OVIEDO 

Grazie a un gentile dono dell'Editrice, ho incontrato un saggio sul Sudario di Oviedo scritto da Mark Guscin , autore membro della British Society for the Turin Shroud e del Centro Español de Sindonologia. Il libro m'è sembrato interessante. Ecco, sotto, alcune mie considerazioni tratte da una mia recensione del medesimo in una rivista culturale.

 

Mark Guscin, II Mistero del Sudario di Oviedo: Ha davvero coperto il volto di Gesù? (Titolo originale "The Oviedo Cloth", traduzione dall'inglese di Chiara Ravera), Edizioni L'Età dell'Acquario, 2007, pp 171, € 16,00

    Il Sudario d'Oviedo (Spagna) è un telo in lino di circa centimetri 83x52 con macchie composte di sangue e altro che sono riconducibile al Volto dell'uomo sindonico. L'autore lo collega appunto alla Sindone di Torino, della quale molto parla nonostante il titolo sia riferito al solo lenzuolo spagnolo.

    Ho letto il libro con ovvio interesse, essendomi occupato a mia volta del Lenzuolo torinese sia intervenendo di persona nella sua spiegazione al pubblico durante l'Ostensione sindonica del 2000, sia scrivendone, nello stesso tempo, sul mio sito http://www.pagliarino.com/sindone e traendone quindi il libro The Mysterious Shroud of Turin, Lulu Press, U.S.A. pubblicato recentemente pure in Italia (La Misteriosa Sindone di Torino, Boopen Editore); il mio saggio sulla Sindone contiene anche una brevissima sezione dedicata al Sudario d'Oviedo, dov'è annotato che tanto le macchie di sangue sul Telo subalpino quanto quelle sul Sudario oviedano sono di gruppo AB; aggiungendo, nondimeno, che pure i resti ematici d’un miracolo avvenuto a Lanciano, nell’VIII secolo, nella chiesa di S. Legonziano a Chieti, di trasformazione di ostia e vino, consacrati, in carne e sangue, sono di gruppo AB: straordinarie coincidenze.

    Mark Guscin fa presente all'inizio del suo libro che i primi riferimenti al Telo spagnolo si trovano nel Vangelo di Giovanni (20, 6 seg), dove l'Evangelista parla degli apostoli Giovanni e Pietro che, nel sepolcro di Gesù resuscitato, trovano tessuti di lino giacenti ordinatamente e un sudario ripiegato a parte. Conformemente all'usanza ebraica, tale fazzoletto non aveva coperto il volto di Gesù nella tomba come alcuni suppongono erroneamente (tra l'altro, in caso d'autenticità della Sindone di Torino il viso dell’Uomo non vi sarebbe apparso), ma solo nel periodo intercorrente fra la deposizione della salma e il suo arrivo al sepolcro quando, come nell’uso, il fazzolettone era stato tolto prima d'avvolgere il cadavere in una sindone (syndon nell'originale dei tre vangeli sinottici, in quello di Giovanni othonia, cioè tessuti di lino: non bende come in una non letterale traduzione passata in italiano: bende = keiriai e non othonia). L'autore delinea il percorso del Sudario da Gerusalemme a Oviedo secondo un resoconto del XII secolo scritto dal vescovo della città Pelayo. Il Lino fu portato dalla Palestina ad Alessandria d'Egitto nelI'VIII secolo, in seguito all'invasione persiana della prima regione, poi in Ispagna, a Siviglia, e, anni dopo, a Toledo; quindi, dopo la conquista islamica della Spagna meridionale e centrale, più a nord, dove il Telo fu nascosto in una caverna presso la futura città di Oviedo, eretta anni dopo e nella cui cattedrale il Sudario fu trasferito definitivamente. Data chiave è il 14 marzo 1075, in cui tale reperto fu tolto dall'arca che lo custodiva e presentato al re Alfonso VI, alla principessa sua sorella e al famoso eroe guerriero Cid Campeador. Nel documento relativo, firmato da tutti loro, di cui si possiede copia conforme di non molto successiva, risulta che il Telo era nella cattedrale già da gran tempo. Il Guscin ci parla poi delle fotografie fatte dagli studiosi al Fazzoletto, a luce naturale, con gli infrarossi e agli ultravioletti, e dei filmati girati col metodo Pc Scopes, rendendo possibile, anche avvalendosi del microscopio elettronico, analizzare la natura delle macchie e degli elementi estranei. Si è giunti alla conclusione, corroborata nel corso di vari congressi, che vi sono pollini sul Telo corrispondenti a piante presenti lungo tutto il percorso dalla Palestina a Oviedo; che le macchie in maggioranza sono formate, per una parte, da  sangue di gruppo AB, molto comune nel Medio Oriente e raro in Europa, e da liquido edematoso polmonare per sei parti, il che per gli anatomo-patologi confermerebbe l’ipotesi che Gesú fosse deceduto per soffocamento, secondo l’opinione, generalmente accolta, che tutti i crocifissi morissero in tale maniera: s’è ricavato che il Sudario, avvolto attorno al viso della salma posta bocconi, assorbì l’emissione di tale liquido dal naso. Le macchie, e ciò è particolarmente interessante per chi già si sia occupato del Lino di Torino, corrispondono precisamente al volto dell’Uomo sindonico. Vi sono macchie sul fronte e sul verso del Sudario d’Oviedo, queste più piccole e attribuibili a un casco di spine, corrispondenti a quelle sulla nuca della Figura sindonica per 50 punti di coincidenza, mentre le frontali rivelano addirittura 70 punti di coincidenza con la Sindone. Considerando che il Sudario era certamente presente a Oviedo nel 1075, per l’autore ciò contribuisce a mettere in dubbio la ben nota datazione del 1988, col metodo del Carbonio 14, della Sindone di Torino, che aveva stabilito la sua anzianità tra gli anni 1260 e 1390; e d’altronde anche per altre ragioni tale datazione era stata considerata nient’affatto definitiva da critici neutrali. Tra l’altro lo stesso inventore del metodo C14 Willard Frank Libby aveva affermato, prima del 1988, che proprio su tessuti di lino (come appunto la Sindone) il metodo non era affidabile. Fatto è che in diversi esperimenti su vari oggetti si ottennero, presso laboratori differenti, risultati palesemente sbagliati o addirittura assurdi; ricorda l'autore, fra l'altro, che i resti dell’Uomo di Lindow furono datati in tre diversi esperimenti al 100, al 300 e al 500 d.C.; un corno vichingo d’epoca sicuramente medievale fu situato nell’anno 2006; una mummia conservata a Manchester fu considerata più giovane di 1000 anni del lino che l’avvolgeva; una foca morta da poco fu stimata vecchia di 1300 anni; e così via. Gli errori sono dovuti di norma alla cosiddetta contaminazione che aumenta la percentuale di carbonio 14 nell’oggetto, facendolo considerare più giovane di quanto sia in realtà, in quanto il medesimo C14 diminuisce naturalmente col passare degli anni e proprio su questa riduzione si basa la radiodatazione, mentre fattori accidentali possono aumentare di nuovo, artificiosamente, lo stesso C14 dell’oggetto; ad esempio, i fumi delle candele presenti nei locali dov’era custodita la Sindone nel corso dei secoli ne hanno accresciuto il C14 e così pure incendi negli stessi locali, facendola in tal modo apparire più giovane alla radiodatazione. Per quanto riguarda il Sudario di Oviedo, afferma il Guscin, i risultati del C14 risultano poco chiari. D’altronde, per un insieme di ragioni pratiche e storiche che l’autore riporta, si può ritenere praticamente impossibile che in epoca medievale si potesse creare la Sindone, che risulta dunque un’opera non creata da mani umane.

    In fondo al volume troviamo due appendici, “Alcune pubblicazioni sulla Sindone” e  “Glossario”; questo contiene le voci “Datazione al carbonio 14 o radiocarbonio”, che ne spiega brevemente il meccanismo; “Rotoli del Mar Morto”; “Il Santo Graal”; “Il Mandylion di Edessa”, fazzoletto rinvenuto nel 525 d.C. in quella città e definito dai contemporanei non fatto da mano umana: secondo un’ipotesi la Sindone stessa ripiegata in più parti lasciando apparire solo il Volto, da cui mandylion; e infine “I Cavalieri templari”.[1]

    Il libro è corredato da molti disegni e fotografie che contribuiscono a meglio illustrare via via gli argomenti. 

    Per il sottoscritto l’interesse maggiore dell’opera sta nel fatto ch’essa collega accuratamente il Sudario d'Oviedo alla Sindone, arrivando alla conclusione che entrambi i Lini furono in contatto con l’Uomo sindonico, mentre il libro costituisce di certo un interessante excursus sui due Teli per i molti, scettici e no, che ignorano o conoscono assai poco, e male, l'argomento sindonico.

Guido Pagliarino

                NOTA

[1] Sotto quest’ultima voce viene affermato dal Guscin che “i Templari erano così chiamati per la loro sede originaria, presso l’antico Tempio di Salomone”; tuttavia, non sarebbe forse stato inutile precisare al lettore, ciò che l’autore potrà fare, volendo, in una nota d'una successiva edizione, che il tempio di Salomone, costruito da questo re nel X secolo prima di Cristo, era stato distrutto dai Babilonesi per ordine del loro sovrano Nabucodonosor II nell’anno 586 a.C. e un altro tempio, assai più modesto, era stato poi alzato tra il 536 e il 515 a.C., dopo l’esilio babilonese del popolo ebraico e la sua  liberazione da parte del re persiano Ciro, vittorioso su Babilonia; il secondo tempio era stato quindi ampliato da re Erode il Grande a far capo dal 19 a.C. ed era stato distrutto dai Romani nel 70 d.C. e mai più ricostruito, così come nella profezia evangelica pronunciata da Gesú; dunque i Templari facevano riferimento non al tempio salomonico ma a quel poco che restava e rimane ancor oggi del secondo, il cosiddetto muro del pianto presso cui era stata costruita un chiesa in memoria della presentazione di Gesú bambino al tempio, poi distrutta dai mussulmani. In secondo luogo, il Guscin dà per certo che “i Templari presero parte alle crociate, compresa la quarta che vide, nel 1204, l’attacco e l’invasione di Costantinopoli”. In tale data la Sindone scomparve per riapparire in Francia, con certezza, solo nel 1356, secondo un documento ufficiale che attesta il suo affidamento ai canonici della chiesa di Lirey. Per l’autore, che segue l’ipotesi di Jan Wilson e di altri, nel frattempo la Sindone sarebbe stata trafugata e custodita dai Templari fino al ben noto processo in cui furono condannati per eresia e bruciati vivi, e il Lenzuolo sarebbe stato sequestrato dal re di Francia per giungere finalmente in possesso della famiglia de Charney (o de Charny), la quale l’aveva poi affidato ai canonici di Lirey. Non risulta però al sottoscritto che un documento attesti la presenza dei Templari a Costantinopoli; oltretutto, essi avevano il compito precipuo d’assistere i pellegrini in Palestina. Ci sono invece fonti da cui si ricava che durante la Quarta Crociata, che mai raggiunse la Palestina stessa, truppe al comando di Ottone de la Roche, poi nominato governatore e duca d’Atene,  presero Costantinopoli e, sebbene il Papa ne avesse posto il divieto, la depredano rubando molte immagini sacre; ciò è riferito, in una sua relazione, dal crociato Robert de Clary; inoltre, in una lettera a Innocenzo IV, Teodoro Angelo Comneno della famiglia imperiale dichiara che una venerata sindone è stata rubata proprio da Ottone de la Roche e che il duca la detiene in Atene e ne chiede la restituzione, che però non avviene; dopo di che, si sa per certo solamente che la Sindone nel 1356 era a Lirey.

In sintesi

synthesis

© Guido Pagliarino