© 2000 Guido Pagliarino

La misteriosa Sindone di Torino - In sintesi

In particolare:

Percorso e cronologia

Bibliografia

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 Il Mistero del Sudario di Oviedo: un libro di Mark Guscin, Edizioni L'Età dell'Acquario, che svolge, tra l'altro, un raffronto con la Sindone:

 

 

Un link a pagine del sito "Maria di Nazareth" che parlano del "Fazzoletto della Veronica": un raffronto con la Sindone, di Jan Wilson:

 

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NUOVO LIBRO (cartaceo ed e-book) RIVEDUTO E AMPLIATO "SINDÒN LA MISTERIOSA SINDONE DI TORINO" DI GUIDO PAGLIARINO

INDICE DEL NUOVO LIBRO  -  CAPITOLI e paragrafi

In limine

A) In generale:

LA MISTERIOSA SINDONE DI TORINO

Senza dubbio...

Lenzuolo o bende?

Cenni parastorici alla Sindone fino al 1356 e il primo vero e proprio documento storico in quell’anno

Certuni hanno provato negli ultimi anni a eseguire una copia dell’immagine sindonica ma, per il momento, essa non è stata mai realizzata con le stesse peculiarità; c’è chi ha ottenuto immagini simili, ma nessuno ha riprodotto insieme tutte le caratteristiche microscopiche e macroscopiche

Perché all’Uomo della Sindone non si vedono i pollici e, nel positivo sindonico, ha il piede destro che copre il sinistro

Monete

Aloe e mirra

Crurifragium

Segni di ferite e abrasioni

Ferite, lesioni, sangue sulla Sindone concordano perfettamente con le descrizioni dei Vangeli sulla Passione di Gesù Cristo

Statistica

Sull’analisi dell’anatomopatologo professor Pierluigi Baima Bollone

B) In particolare:

I - LE FOTOGRAFIE

II - INIZIA LA RICERCA

III - GLI ESPERIMENTI DEL CARBONIO 14

Su che principio si basa la radiostazione al Carbonio 14 (C14)

Il primo e poco noto esperimento (ufficioso) di datazione d’un campione sindonico col metodo del C14

Gli esperimenti ufficiali di radiodatazione del 1988: Perché anche questi non hanno portato a risultati pienamente accettabili

IV - UN EVENTUALE FALSARIO MEDIEVALE SAREBBE STATO IL PIÙ GRAN GENIO DI TUTTI I TEMPI E UN MOSTRO CRIMINALE ASSASSINO

V - CRONOLOGIA (Sintetica Storia della Sindone di Torino)

PRINCIPALI FONTI DEL SAGGIO

Appendice - Sugli "Amici della Reale Chiesa di San Lorenzo" Volontari nell’Anno Santo 2000 per la spiegazione della Sindone

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         Index

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LA MISTERIOSA

SINDONE DI TORINO

(IN SINTESI)

Il Lenzuolo di Torino prima dei restauri dell'estate 2002:

 Il Lenzuolo di Torino dopo i restauri eseguiti tra il 20 giugno e il 22 luglio 2002 Foto ©Arcidiocesi di Torino:

La  Sìndone - Sacra Sìndone in ambiente cattolico - è un Lenzuolo ( sindòn = lenzuolo, telo) di lino tessuto "a spina di pesce" con tecnica in uso duemila anni fa sia in Egitto (si conservano reperti egiziani vecchi di cinquemila anni), sia in Palestina, sia in altre zone del Medio Oriente; il filato è "ritorto a Z" (in senso orario) anziché ad S (in senso antiorario) come invece in epoche successive. Si tratta di tecniche di filatura e tessitura delle quali s'era persa memoria già nel primissimo Medioevo. Questo telo misura 4,37 metri in lunghezza ed 1,11 in larghezza.  Ne è ufficiale custode l'Arcivescovo pro tempore di Torino (cioè quello in carica). La Sindone è a Torino dal 1578, con alcune occasionali assenze, di solito per guerre, come durante l'assedio francese alla città del 1706 e, l'ultima volta, nel corso del II conflitto mondiale, al cui scoppio nel 1939 (in previsione che pure l'Italia, come poi avvenne, entrasse in guerra) fu trasferita, per ripararla dai bombardamenti, presso il Santuario di  Montevergine, vicino ad Avellino. Ritornò nel capoluogo piemontese nel 1946.

La Sindone di Torino, ma ormai in tutto il mondo si dice semplicemente La Sindone, è un lenzuolo ancora in parte misterioso

Come si può osservare sulla foto sopra, presenta diverse macchie, la cui natura e causa solo parzialmente sono note. Come vedremo, per una parte di queste macchie la Sindone si comporta come  un negativo fotografico. Per altre parti, no.

Senza dubbio...

Su questo lenzuolo vi sono rattoppi e segni di bruciature.

È certo,  alla luce dei prelievi e delle analisi di esperti, che vi sono depositati invisibili pollini di piante del Medio Oriente e pollini di flora delle Alpi; inoltre,  si trovano sul telo tracce di aloe e di mirra nonché di aragonite (una composizione di carbonato di calcio, ferro e stronzio), una terra presente a Gerusalemme e, in particolare, in una tomba studiata dal Levy-Setti, ricercatore di Chicago che, confrontando con l'aragonite della Sindone, ha concluso che le due terre sono esattamente eguali.

È inoltre sicuro, dopo analisi effettuate da diversi anatomo-patologi di fama internazionale, tra cui il torinese prof. Luigi Baima Bollone, che sul lenzuolo vi sono macchie di sangue coagulato del gruppo AB, DNA maschile.

 

[Il Sudario di Oviedo]

Per inciso, è curioso sapere che sangue dell'identico tipo AB maschile macchia il cosiddetto Sudario di Oviedo (Spagna), una tela di centimetri 83x52. Queste impressioni ematiche sono  in forme simmetriche e  richiamano nel complesso un volto umano; inoltre, che i resti (reliquie) del miracolo che la tradizione riporta,  avvenuto nell'VIII secolo a Lanciano in provincia di Chieti (un sacerdote aveva dubitato della presenza di Cristo nell'Eucaristia, mentre stava consacrando, e il pane e il vino s'erano trasformati in carne e sangue) sono: sangue rappreso gruppo AB come quello della Sindone; carne umana di tessuto miocardico (analisi del 1970 del prof. Odoardo Linoli, anatomo-patologo). Non so se il Santuario abbia un sito. Invece,  per maggiori informazioni sul Sudario di Oviedo: Centro Español de Sindonologia, www.linteum.com

[Ostensorio con la carne ed ampolla col sangue raggrumato,  Santuario di Lanciano]

 

Alcune macchie di sangue della Sindone sono accompagnate da siero sanguigno (il che significa sangue di cadavere), altre no, cioè sono di persona ancora viva.

È certo che il telo ha subito bruciature nel lontano passato. Ne restano evidentissimi segni: in modo particolare, quelli dell'incendio del 4 dicembre 1532  avvampato nella cappella di Chambery in Savoia, dove il lenzuolo era custodito: due righe carbonizzate per tutta la lunghezza del lenzuolo e fori, poi coperti da toppe a cura di suore clarisse d'un vicino convento; inoltre le religiose cucirono, per rinforzare il lenzuolo, una fodera sul suo retro, un telo d'Olanda, per tutta la sua estensione.

È poi del tutto evidente che sul lenzuolo è impressa l'immagine d'un corpo umano di fronte  e di retro.

Ebbene, l'immagine umana sulla Sindone è un negativo fotografico. Così, impressa fotograficamente, sul rullino, o più anticamente sulla lastra negativa, appare come positiva. È un po' come se l'Uomo si fosse specchiato e in questo specchio-Sindone fosse rimasta fotografata in negativo la sua immagine: così come in ogni negativo e come per un'immagine allo specchio ciò che è destro appare sinistro e viceversa. Vediamo, perché sia evidente, il positivo e il negativo d'una foto di un'opera d'arte bizantina, un'icona dipinta, e sùbito sotto il positivo e il negativo d'una foto del volto dell'uomo sindonico.

Fotografia di un'icona (opera umana) 

Negativo della stessa foto

Fotografia del Volto sindonico

Negativo della stessa foto

 

 

Quelle righe che attraversano capelli e barba del Volto sindonico sono due pieghe del lenzuolo dovute a chi sa quali passate cause, forse alla fodera cucita sul retro dalle clarisse di Chambery dopo l'incendio del 1532; esse, come pure le macchie di sangue, ad esempio quella molto evidente sulla fronte che ha la forma, rispettivamente, di un 3 rovesciato sull'immagine a destra  e di un 3 su quella speculare a sinistra, al contrario del volto risultano positive nella foto di destra e negative in quella di sinistra.

È poi sicuro che il lenzuolo è dello stesso tipo adoperato per avvolgere i cadaveri in Palestina all'epoca di Gesù, anche se era pure nell'uso, in alternativa, bendare la salma all'egiziana, così come sappiamo, anche, dal Vangelo secondo Giovanni a proposito del cadavere di Lazzaro di Betània (*). La salma veniva posta supina sul lenzuolo, con i piedi all'estremità e il capo verso il centro del telo (a volte all'incontrario: capo verso l'estremo e piedi verso il centro); l'altra metà del lenzuolo veniva ripiegata sul cadavere, che così restava compreso entro la sindone.

(*) a proposito delle "bende" di Lazzaro Giovanni usa il termine keirìai (Gv, 11,44). Vedremo più avanti che questo è importante per un confronto con la sindone di Gesù

In sezione (schema):

 

(sindone) ------------------------------------             

(piedi)    cadavere (testa)        ](sindone)

(sindone) ------------------------------------

 

Nel parlare della sepoltura di Gesù, solo gli evangelisti Matteo, Marco e Luca scrivono che fu posto in sindòn, sindone, o lenzuolo. Giovanni no, nella traduzione italiana troviamo bende invece di sindone. Dopo aver letto i brani evangelici che ne parlano, vediamo di risolvere questo piccolo "giallo" delle bende: vi ho già dato un indizio. 

"Venuta la sera giunse un uomo ricco di Arimatea, chiamato Giuseppe, il quale era diventato anche lui discepolo di Gesù. Egli andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Allora Pilato ordinò che fosse consegnato. Giuseppe, preso il corpo di Gesù, lo avvolse in un candido lenzuolo e lo depose nella sua tomba nuova, che si era fatta scavare nella roccia; rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò" (Mt, 27, 57 - 60)

"Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d'Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro" (Mc, 15, 42 - 46 )

"C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatea, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio. Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto. Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato (Lc, 23, 50 - 54).

Dopo questi fatti, Giuseppe d'Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù.  Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesú. Vi andò anche Nicodemo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. Essi presero allora il corpo di Gesù e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com'è usanza seppellire per i Giudei. Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto. Là dunque posero Gesù, a motivo della Preparazione dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino (Gv, 19, 38 - 42).

(*) parasceve

Giovanni ci parla pure del ritrovamento dei lini funerari di Gesù, la mattina della domenica successiva al venerdì della crocifissione, nel sepolcro ormai vuoto ch'era stato di Cristo prima di risorgere:

"Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: 'Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!'. Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti". (Gv, 20, 1 - 9)

Dunque bende?! Non sindone?

Ebbene, vi avevo detto che avevo lasciato un indizio; precisamente, avevo parlato di traduzione. Se si va all'originale greco, si vede che i due apostoli, oltre al "sudario" (fazzoletto che, secondo certa ipotesi, si avvolgeva come mentoniera al cadavere per tenere la bocca della salma chiusa; secondo altra supposizione, il fazzoletto era posto sul capo), rinvengono othònia, cioè generici tessuti di lino, al plurale, quindi non bende come risulta nella traduzione italiana, che non è alla lettera. Poiché othònia significa generici tessuti di lino, la parola può infatti  riferirsi di fatto, essendo parola plurale,  a un lenzuolo insieme a bende (*); certamente non significa bende. Si noti che gli altri tre evangelisti non ci dicono di quale tessuto fosse la Sindone di Gesù: ci pensa Giovanni, che scrive il suo Vangelo per ultimo, tra gli anni 90 e 100, a colmare la lacuna.

Se avesse voluto parlare espressamente di bende, Giovanni avrebbe usato non othònia ma keirìai come, nel medesimo Evangelo - Gv, 11,44 -, relativamente alla risurrezione di Lazzaro.

(*) Era a volte nell'uso del tempo di legare assieme, con bende, rispettivamente polsi tra loro e caviglie tra loro del defunto, e così avevo ipotizzato nella prima stesura di questo scritto. Come però mi era stato fatto notare (Sindone, osservatorio web, http://space.tin.it/scienza/misalcit/ ), se nel Sepolcro giacevano anche bende, esse non potevano esser servite a questo scopo; ciò nell'ipotesi che l'impressione dell'immagine originasse dall'energia della Risurrezione (v. sottopagina dedicata al presunto falsario medioevale): le bende attorno ai polsi e alle caviglie sarebbero state infatti, altrimenti, esse stesse impresse mentre sul Lenzuolo l'immagine sarebbe mancata per queste parti del corpo.  

La storia della Sindone dal 1353/6 in poi è documentata senza vuoti temporali.  Per i secoli precedenti, si tratta soprattutto  di tradizione e di ipotesi, oltre che di pochi documenti scritti, ma c'è un "vuoto" storico tra l'anno della crocifissione di Gesú ( 30/33) e il VI secolo, nonché un "quasi vuoto" tra la presa di Costantinopoli da parte dei crociati occidentali (1204) e il 1353/6: s'è trovato  un solo documento, o quasi-documento, composto in questo periodo, vale a dire una miniatura nel Codice Pray, opera che è adesso custodita a Budapest e che fu composta negli anni 1192 - 95, ovviamente a mano, perché erano tempi ancora lontani dalla scoperta in Occidente della stampa a caratteri mobili. La miniatura raffigura la deposizione d'un Cristo che, così come nella Sindone (vedremo il perché) ha i pollici invisibili, come ripiegati sotto i palmi, e la gamba sinistra che sovrasta la destra; inoltre, si vedono, su di un telo funebre disegnato nella miniatura, cerchietti disposti in un gruppo di forma simile ad uno dei quattro gruppi, ciascuno a sua volta di quattro fori, da bruciatura, che si trovano sulla Sindone di Torino (veramente, tra altri forellini assai piccoli: ma poco visibili, mentre sono quelli grandi ad apparire evidenti all'occhio d'un visitatore del Lenzuolo; v. sotto, la foto di uno di quei gruppi). I quattro gruppi simmetrici di fori sono rispettivamente (circa) al centro dei quattro rettangoli che derivano dalla piegatura in quattro del Lenzuolo.

(schema: ogni pallino indica un gruppo)

           



   

Evidentemente, quando si produssero quei fori da bruciatura, la Sindone era appunto ripiegata in quattro e ciò che provocò le lesioni passò tutti e quattro gli strati. La ragione di queste bruciature non è nota, ma si sa che esse sono nel telo dapprima del 1532, l'anno dell'incendio della Cappella della Sindone in Chambery: queste lesioni sono infatti riprodotte su di una precedente incisione che riproduce la Sindone, attribuita al Dürer, realizzata nella stessa Chambery nel 1516, che riporta tutti e quattro i gruppi simmetrici di fori. C'è da pensare che l'autore della miniatura del Codice Pray, che espressamente dichiara nel testo d'essersi ispirato a una sindone,  avesse visto proprio la Sindone che è conservata oggi a Torino e vi si fosse ispirato; e pure che il primo incendio fosse precedente la data di composizione del Pray.

 Codice Pray  

Uno dei gruppi delle più antiche bruciature sulla Sindone

                                                                                                                                                                                                                    

Particolare ingrandito con fori evidenziati

Particolare della Sindone con evidenziazione dei quattro gruppi di bruciature

Ma come la mettiamo col fatto che l'età di nascita della Sindone è stata fissata da carbonisti "tra gli anni 1260 e 1390", cioè circa uno/due secoli dopo il Codice Pray? Si tratta di tre laboratori che nel 1988 si sono avvalsi, per stabilire l'anzianità del Lenzuolo, di campioni prelevati dal medesimo, sottoponendoli a esperimenti secondo  uno dei metodi di radiotazione basati sul carbonio 14 radioattivo: ad uno solo, mentre i metodi sono due e si sarebbe dovuto, secondo i critici dell'esperimento, seguirli entrambi, per controllo. Qui dico solo che, da gran tempo, per molte ragioni, il risultato di quelle analisi è respinto da tanti scienziati, cristiani e no. Ne parlo più ampiamente in apposita pagina.

Secondo le analisi di tutti gli esperti che se ne sono occupati, la figura umana sulla Sindone non è prodotta con metodi conosciuti.  Non è frutto di un dipinto, non ci sono tracce di colori (tra gli altri, l'ha concluso Alan Adler, professore emerito di chimica della Western Connecticut State University) e non è una stampa, non vi sono inchiostri. Non vi sono pigmenti in genere, né impasti né polveri colorate. L'immagine non è nemmeno dovuta a una strinatura, non è cioè  originata dal contatto con un bassorilievo surriscaldato (un po' come capita alle camicie se si dimentica acceso il ferro sopra: ne resta l'impronta bruciata): l'immagine per strinatura passa da parte a parte, quella dell'uomo sindonico è invece superficialissima. L'immagine inoltre resta deformata, in quanto il telo si trova a contatto con un bassorilievo, tre dimensioni, per cui l'impronta bruciata che appare sul telo disteso, a due dimensione, è più larga del reale. Ciò non è vero per la Sindone. L'immagine strinata ha diversa fluorescenza e, a differenza di quella sindonica, non ha base tridimensionale, mentre dalla Sindone si sono invece ricavate foto olografiche: primi, nel 1977, gli americani Eric J. Jumper e John P. Jackson (http://www.shroudofturin.com  Su questo sito, nella seconda pagina c'era, sino a qualche tempo fa, nel 2000, la figura intera olografica dell'Uomo della Sindone; poi non l'ho più trovata, e ho letto che i curatori chiedono il pagamento del materiale che s'intende scaricare). Si noti che la tridimensionalità fotografica è possibile se l'illuminazione che riceve l'oggetto è a distanze differenti rispetto ai suoi diversi punti: ad esempio, collocando in un punto dello spazio la fonte luminosa, come ad esempio un faretto, la sua luce deve percorrere meno strada per giungere al naso d'un volto - che è più prominente - e più alla sua bocca - meno prominente -. La foto d'una pittura o comunque d'una figura bidimensionale  non può risultare tridimensionale, perché tutte le sue parti sono sullo stesso piano, alla stessa distanza dalla fonte d'illuminazione. Anche questo fatto dimostra che l'Uomo della Sindone non è una semplice immagine ma qualcosa di più. Nel 1978 fu realizzata dalla squadra torinese del professor Tamburelli una commovente foto tridimensionale del Volto,

del tutto indipendentemente dagli americani; con procedimenti elettronici volti alla "pulizia" della foto sindonica, senza nessuna artificiosa ed estranea  informazione, la squadra del professor Tamburelli giunse  infine alla seguente immagine olografica:

Straordinaria!

Il Tamburelli, con Nello Balossino,  s'è poi dedicato a confrontare il Volto ottenuto con quelli di icone bizantine dipinte tra il VI secolo ed il XIII . Essi sono risultati corrispondere a quello della Sindone per oltre 100 punti (secondo un particolare calcolo matematico), ben più di quanto si richiede (60 punti) per considerare due visi come quelli della stessa persona. I comuni lineamenti dànno conferma della "unicità" di tale immagine di Gesù, e rendono ancor più probabile quanto già ad occhio nudo s'intuiva, che il Volto della Sindone fosse stato il prototipo di quelle icone bizantine.

Icona di Cristo Pantocrator  (notate quanto assomigli all’immagine del volto ottenuta dal Tamburelli)

Perché all'Uomo della Sindone non si vedono i pollici e ha il piede destro che copre il sinistro

I due chiodi usati per fissare ogni braccio alla croce, trapassando il rispettivo polso passano nel cosiddetto "spazio di Destot", in corrispondenza del carpo (polso, appunto) e ledono i nervi mediani; questo provoca il ripiegamento del pollice sotto il palmo della mano (prof. Barbet). Queste cose non erano note nel Medioevo, in cui oltretutto si riteneva che i chiodi trapassassero le mani, non i polsi. Eppure, il presunto falsario medioevale (v. la pagina relativa)  artefice della Sindone tra il 1260 e il 1390 lo sapeva (?!) visto che sul Lenzuolo le ferite da chiodi agli arti superiori sono ai polsi e non alle mani e queste hanno i pollici invisibili, come ripiegati dietro ai palmi per lesione dei nervi mediani.

I due piedi sono inchiodati uno sull'altro con un solo chiodo, per cui una gamba resta flessa. Alla morte sopravviene la rigidità cadaverica e la gamba flessa rimane tale, così com'era sulla croce, col piede destro posizionato su quello dell'altra gamba (sulla Sindone o su una sua foto positiva; al contrario, sul negativo fotografico il sinistro è, ovviamente, sul destro).

Monete

   

Sulle orbite oculari del Volto della Sindone sono state individuate le impronte di due monete romane con la scritta in Greco "Tiberio Cesare" e l'immagine d'un mestolo votivo. La prima  fu scoperta nel 1954 da F.L. Filas, sulla palpebra dell'occhio destro,  che il perito numismatico M. Marx individuò essere l'impronta d'una moneta fatta eseguire da Ponzio Pilato tra il 29 e il 32 d.C. Questi studi furono confermati dal professor Tamburelli con l'ausilio del computer. Di recente il Baima Bollone e il Balossino hanno interpretato alcuni segni sull'arco sopraccigliare sinistro come dovuti a un'altra moneta, a sua volta presumibilmente della stessa epoca romana.

L'uso di porre una moneta su ciascun occhio chiuso del cadavere aveva il fine di non farli riaprire per le contrazioni meccaniche che possono sopravvenire nel periodo immediatamente seguente il trapasso.

Aloe e mirra

L'aloe e la mirra trovate sulla Sindone corrispondono agli aromi di cui parlano i Vangeli, usati per ungere il corpo di Gesù prima della sepoltura. Si noti che per la fretta, come pure abbiamo letto sopra nei Vangeli, la salma di Gesù non venne lavata ma solo unta, in quanto stava per sopraggiungere il sabato, giorno di riposo assoluto per gli Ebrei. Altrimenti, sul Lenzuolo non sarebbe rimasta alcuna traccia di sangue.

Crurifragium

Dopo parecchio tempo ch'erano sulla croce, ai condannati  ancora vivi venivano rotte le gambe (crurifragium), così che non potessero più far perno sul poggia piedi, se legati, o sul chiodo evitando così, provvisoriamente, l'asfissia che sopravviene quando si è appesi; e dunque morissero, consentendo di por fine al servizio di guardia. I Vangeli ci dicono che a Cristo non furono rotte le gambe perché i soldati videro che era morto (però, per sicurezza, un soldato gli trapassò con la lancia il cuore). Sulla Sindone le gambe sono infatti intere; e c'è il segno evidentissimo del colpo di lancia nonché il sangue di cadavere che ne è uscito.

Segni delle ferite e delle abrasioni

Sulla Sindone troviamo rappresentate tutte le lesioni che subì Gesù durante la sua Passione e Morte, così come riferiscono i Vangeli. Guardando non la Sindone ma la sua lastra fotografica (naturalmente, se si osserva invece direttamente il Lenzuolo, quanto sotto è detto a destra si vedrà a sinistra e viceversa), vediamo quanto segue.

È confermato da tutti gli esperimenti degli anatomo-patologi che hanno studiato la Sindone che, osservando la lastra fotografica (v. l'ultima foto, in fondo, negativo dell'intera Sindone) partendo dall'inizio del telo e procedendo fino alla sua metà, si trovano via via: 

Ferita da chiodo al piede sinistro (il destro è coperto dal primo; infatti, come s'è detto, i piedi furono inchiodati al palo verticale della croce con un solo chiodo e, dopo la morte, restarono nella stessa posizione, per la rigidità cadaverica): sulla Sindone, al contrario che nella lastra, il piede destro e sinistro appaiono viceversa come piede sinistro e destro, perché, come s'è detto a sazietà, si tratta di un'immagine speculare negativa). 

Ferita da chiodo al polso destro (il sinistro è coperto dal destro, in quanto le mani sono incrociate, in posizione tale da coprire la zona pubica)

Ferita da lancia al costato, all'altezza del cuore, con segno di un gran fiotto sanguigno che dalla ferita cola lungo il fianco e il costato.

Ferite sulla fronte, come prodotte da spine, di cui una molto profonda da cui è uscito un fiotto sanguigno a forma di 3

Partendo dal centro del telo e, a mano a mano, procedendo verso la nostra destra, troviamo:

Ferite da spine alla nuca (in totale, le ferite da spine sono più di trenta).

Abrasioni sul dorso, sotto le spalle, provocate dal trasporto di una pesante trave (patibulum della croce)

Oltre 120 ferite da flagello sulla schiena, sui glutei e sulle gambe fino ai calcagni.

Calcagno e pianta insanguinata del piede.

Statistica

Diversi matematico-statistici, indipendentemente l'uno dall'altro, considerando tutti i dati  che si possiedono sulla Sindone, hanno calcolato che c'è solo una possibilità su molti milioni (per alcuni, su miliardi) che il Lenzuolo non abbia realmente avvolto il cadavere di Gesù di Nazaret crocifisso, e che l'immagine dell'Uomo non sia quella del Redentore. Secondo il Filas, esisteva solo una possibilità su 10 seguito da 26 zeri che l'Uomo che fu avvolto nella Sindone non fosse Gesù. Per il Donovan, che calcolò in seguito con un metodo più prudente, una possibilità su ben 225 miliardi.  Per Stevensen e Habermas, che hanno voluto fare un calcolo assolutamente per difetto, una su 82.944.000. Anche gl'italiani prof. ing. Giulio Fanti e dottoressa (ora professoressa) Emanuela Marinelli sono arrivati a concludere che la probabilità che non si tratti di Cristo è di una su molti milioni. Dunque, tende alla certezza, statisticamente, che il Lenzuolo abbia avvolto proprio la salma di Cristo e che l'immagine sia la sua.

Negativi del telo sindonico, stampati su tela a grandezza naturale, della metà destra e della metà sinistra della Sindone, esposti  durante l’Ostensione 2000, e poi  perennemente, nella cappella della Chiesa di San Lorenzo a Torino, cappella in cui l’originale fu ospitato nei primi tempi dopo il suo arrivo a Torino da Chambery

© Guido Pagliarino

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The Mysterious Shroud of Turin  -  Synthesis

 

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